Oggi, 22 settembre 2025, i più importanti sostenitori del PROPAL, organizzati dai principali sindacati di base, hanno manifestato nei maggiori centri urbani di tutta la penisola, chiedendo una chiara presa di posizione della classe dirigente riguardo il crudele genocidio che, dall’ottobre 2023, sta disintegrando il popolo palestinese.
Le agitazioni si sono manifestate in diverse forme: dalle devastazioni avvenute alla stazione di Milano, che hanno causato vari feriti, principalmente tra le forze dell’ordine, al blocco di intere autostrade e tangenziali da Bologna a Roma, fino al blocco dello scalo di Genova. In maniera più pacifica, si sono verificate manifestazioni anche in altri importanti comuni, come Torino, Brescia e Livorno, con una forte partecipazione nelle regioni meridionali, tra cui Napoli, Palermo, Catania e Cagliari, contando, a livello nazionale, più di 12.000 cittadini manifestanti.
Il principale obiettivo della manifestazione è certamente dimostrare la propria contrarietà alla volontà dirigente, fortemente influenzata dai rapporti atlantici con gli USA, principale sostenitore di Israele, e alla vera volontà popolare, ormai stanca del coinvolgimento, diretto o indiretto, dell’Italia negli intenti del paese sionista. Come dimostrato dai dati dello studio Ipsos, più del 58% degli italiani ritiene che Israele debba fermarsi, percependo le sue azioni come sproporzionate.
D’altronde, l’intera storia unitaria italiana ha conquistato le maggiori libertà e diritti fondamentali in ogni sfera (dal sociale al lavorativo, dal sanitario all’economico) grazie alle stesse tanto criticate manifestazioni. È importante notare come, però, in Italia si sia risvegliata la coscienza umana, intellettuale e politica della nuova “gen Z”, dopo un lungo periodo di scetticismo giovanile nei primi due decenni del XXI secolo. Di fatto, grazie al forte impegno degli under 30, combinato a nuove forme di comunicazione tramite social, dirette e di grande risonanza, i temi della drammaticità della condizione giovanile sono emersi con maggiore autorevolezza nel dibattito politico odierno.
Oltre alla forte attenzione attirata e alla pressione del popolo sulle relazioni dell’Italia nel quadro della geopolitica, il cittadino può ancora smontare l’immagine di un’Italia troppo dipendente dalle scelte del “burattinaio di Washington”? Sarà ancora possibile, in una democrazia tanto guadagnata grazie al sangue e alle stesse agitazioni sociali, opporsi alla gestione dell’esecutivo? Il cittadino può ancora essere l’arbitro del destino della propria nazione?
